un tempo era gomorra

12 Mar

E’ storia di qualche anno fa. Lo scandalo di Gomorra, delle discariche abusive in Campania. Si è detto e ridetto che i camorristi non rispettano la salute della loro terra e di chi ci vive. E il film omonimo ci ha dato una dimostrazione visiva del fenomeno, con lo stakeholder che butta la verdura regalatagli..perchè lui sa con cosa è “concimata”.
Oggi la storia ci viene riproposta, uguale, cambia la locazione, cambiano i protagonisti.
La scena si sposta in Lazio, a Colleferro, dove c’è un termovalorizzatore che ogni anno brucia 220 mila tonnellate di rifiuti. Di tutta questa cifra solo 60 mila provengono dal Lazio, le altre migliaia arrivano da Campania, Puglia e Toscana. I rifiuti trattati sono stati cportoni, filtri chimici, amianto e altre sostanze tossiche, bruciate come se non dovessero subire un trattamento a parte. Il tutto fatto aggirando la legge, senza controlli, con certificati sulle emissioni di gas fasulli e manomissione dei software che avrebbero dovuro far scattare gli allarmi in presenza di sostanze tossiche. Se un dipendente provava a segnalare anomalie si provvedeva con le minaccie di sanzioni o addirittura il licenziamento.
Lo scandalo è venuto fuori grazie alla denucia sporta dal direttore tecnico dei termovalizzatori, ma la popolazione è da anni che protesta, inascoltata.
Sit in e proteste inutili, racconti agghiaccianti di persone che denunciano che “ci stanno avvelenando da anni, da secoli, da sempre. prima con il fosforo, poi con il mercurio, poi con il ddt, sotterrato a quintali lungo il Sacco, un fiume dove non puoi pià gettare un amo perchè non ti torna su niente. e adesso il termovalorizzatore, questo produttore di morte.” Parlano di camion che arrivavano di notte, con il marchio di una birra che non è mai esistita, mai stata prodotta. Falsificavano tutto, quello che rimane di certo è la grande incidenza di leucemie che ha colpito la popolazione locale.
Come gomorra, forse peggio.

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